venerdì 10 novembre 2017

Ottobre!!!

bolscevichi ebrei

I bolscevichi e l'antisemitismo
- di Brendan McGeever -

È il mattino presto del 15 ottobre 1917. Gli operai si stanno impadronendo dei punti strategici sulle strade spazzate dal vento di Pietrogrado. Nel Palazzo d'Inverno, il capo del governo provvisorio Alexander Kerensky aspetta con ansia che arrivi la sua macchina, per fuggire. Fuori, le guardie rosse hanno preso il controllo della centrale telefonica. La presa del potere da parte dei bolscevichi è immanente.
Nel palazzo non ci sono né luci accese né telefoni. Dalla sua finestra, Kerensky può vedere il Ponte del Palazzo: occupato dai marinai bolscevichi. Finalmente, gli viene assicurata un'auto dell'ambasciata americana, e così può cominciare la fuga di Kerensky dalla rossa Pietrogrado. Quando il veicolo gira l'angolo, Kerensky si accorge di alcune scritte, tracciate di fresco sui muri del palazzo: «A morte l'ebreo Kerensky, lunga vita al compagno Trotsky!»
Un secolo dopo, lo slogan mantiene tutta la sua assurdità: Kerensky, fra l'altro, ovviamente non era ebreo, mentre invece Trotsky lo era. Ad ogni modo, quel che lo slogan indica è la confusione ed il ruolo contraddittorio svolto dall'antisemitismo nel processo rivoluzionario. In gran parte della letteratura esistente sulla rivoluzione russa, l'antisemitismo viene inteso come una forma di "controrivoluzione", come conservazione del diritto antibolscevico.
Naturalmente, c'è molta verità in tale affermazione: il regime zarista era definito dal suo antisemitismo, e nella devastante ondata di violenza anti-ebraica che era seguita alla rivoluzione di ottobre negli anni della guerra civile (1918-1921), la maggior parte delle atrocità erano state perpetrate dall'Armata Bianca e dalle altre forze che si opponevano al nascente governo sovietico. Ma questa non è tutta la storia completa.
Nella Russia rivoluzionaria, l'antisemitismo attraversava tutte le frazioni politiche, trovando riscontro in tutti i gruppi sociali e tutti gli schieramenti politici. Nell'ambito del marxismo, il razzismo e il radicalismo politico si accompagnavano spesso nella contestazione; nel 1917, tuttavia, l'antisemitismo ed il risentimento di classe potevano sovrapporsi, in quanto visioni del mondo in competizione.

Febbraio: Una rivoluzione nella vita degli ebrei
La Rivoluzione di Febbraio aveva trasformato la vita degli ebrei. Solo pochi giorni dopo l'abdicazione dello Zar Nicola II, tutte le restrizioni legali che riguardavano gli ebrei erano state abrogate. Più di 140 leggi, per un totale di qualche migliaio di pagine, erano state rimosse durante la notte. Per celebrare questo storico momento di abolizione, era stato convocato dal Soviet di Pietrogrado un meeting speciale. Era la vigilia di Pasqua, il 14 marzo del 1917. Fu il delegato ebreo a fare il collegamento, rivolgendosi al meeting: la rivoluzione di Febbraio, disse, era paragonabile alla liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto.
L'emancipazione formale, tuttavia, non si accompagnava con la sparizione della violenza antiebraica. In Russia, l'antisemitismo aveva radici profonde, ed il suo persistere nel 1917 era strettamente connesso con il flusso ed il riflusso della rivoluzione. Nel corso del 1917, c'erano stati almeno 235 attacchi agli ebrei. Sebbene fossero soltanto il 4,5% della popolazione, gli ebrei rappresentavano circa un terzo delle vittime di tutti gli atti di violenza fisica, avvenuti in quell'anno, contro le minoranze nazionali.
A far tempo dalla rivoluzione di febbraio, per le strade delle città russe, giravano voci circa imminenti pogrom antiebraici, in maniera così insistente che quando i soviet di Pietrogrado e di Mosca si riunirono per il loro primo meeting, la questione dell'antisemitismo era ai primi punti dell'ordine del giorno. In quelle prime settimane, gli episodi effettivi di violenza erano stati rari. Tuttavia, a giugno la stampa ebraica cominciò a riportare che «folle di lavoratori» si stavano riunendo agli angoli delle strade per ascoltare discorsi "pogromisti" che asseriscono che il Soviet di Pietrogrado è nelle mani degli "ebrei". A volte i leader bolscevichi si sono confrontati con tale antisemitismo. Vladimir Bonch-Bruevich - futuro segretario di Lenin -, camminando per strada, ha incontrato una folla che chiedeva apertamente un pogrom contro gli ebrei. Ha chinato la testa, ed ha affrettato il passo. Ci sono sempre più resoconti che riportano simili manifestazioni.
A volte, il risentimento di classe e le rappresentazioni antisemitiche dell'ebraismo si sovrappongono: più tardi, in luglio, oratori all'angolo di una strada di Pietrogrado chiamavano la folla a «distruggere gli ebrei e la borghesia!» Mentre, nell'immediato contesto successivo alla Rivoluzione di febbraio, tali discorsi non esercitavano nessun movimento reale, ora richiamavano un largo pubblico. Era in un simile contesto che a Pietrogrado si riuniva il primo Congresso Pan-Russo dei Soviet dei Rappresentanti dei Lavoratori e dei Soldati.

La Questione dell'Antisemitismo
Questo primo Congresso dei Soviet fu un incontro storico. Parteciparono più di mille delegati di tutti i partiti socialisti, che rappresentavano centinaia di soviet locali e circa venti milioni di cittadini russi. Il 22 giugno, dal momento che c'erano segnalazioni di ancora più incidenti antisemiti, il Congresso produsse la più autorevole dichiarazione del movimento socialista russa sulla questione dell'antisemitismo.
Stilata dal bolscevico Evgenii Preobrazhenskii, la risoluzione era intitolata «Sulla Lotta contro l'Antisemitismo». Quando Preobrazhenskii ebbe finito di leggerlo ad alta voce, il delegato ebreo si alzò in piedi per esprimere la sua completa approvazione, prima di aggiungere che sebbene non avrebbe riportato indietro gli ebrei uccisi nei pogrom del 2005, la risoluzione avrebbe aiutato a guarire alcune delle ferite che continuavano a causare così tanta sofferenza nella comunità ebraica. Venne approvato all'unanimità dal Congresso.
Sostanzialmente, la risoluzione riaffermava il punto di vista socialdemocratico sostenuto da lungo tempo secondo cui l'antisemitismo equivaleva alla controrivoluzione. Essa conteneva tuttavia un'importante ammissione: il «grande pericolo», spiegava  Preobrazhenskii, era «la tendenza da parte dell'antisemitismo a travestirsi usando slogan radicali.» Questa convergenza fra politica rivoluzionaria ed antisemitismo, continuava ad affermare la risoluzione, rappresentava «un'enorme minaccia per il popolo ebraico e per tutto il movimento rivoluzionario, dal momento che minacciava di annegare la liberazione del popolo nel sangue dei nostri fratelli, e ricoprire di vergogna l'intero movimento rivoluzionario.» Quest'ammissione per cui l'antisemitismo e la politica radicale potrebbero sovrapporsi infrangeva un dato per il movimento socialista russo, quello che fino ad allora aveva inquadrato l'antisemitismo come riserva dell'estrema destra. Mentre a metà del 1917 il processo rivoluzionario si approfondiva, la presenza dell'antisemitismo nei settori della classe operaia e del movimento rivoluzionario diventava un problema crescente che richiedeva una risposta socialista.

La Risposta dei Soviet
Alla fine dell'estate, i soviet avevano dato inizio ad una vasta campagna a largo raggio contro l'antisemitismo. Il soviet di Mosca, ad esempio, organizzava nelle fabbriche letture e meeting sull'antisemitismo durante i mesi di agosto e settembre. Nelle ex Zone di Residenza [degli ebrei], i soviet locali erano attivi al fine di prevenire l'esplosione di pogrom. A Chernigov (Ucraina), a metà agosto, l'accusa da parte dei "Black Hundred" [ https://en.wikipedia.org/wiki/Black_Hundreds ] secondo cui gli ebrei stavano immagazzinando pane, aveva portato ad una serie di violenti disordini antiebraici. Fu determinante che una delegazione del soviet di Kiev organizzasse un gruppo di truppe locali per mettere fine ai disordini.
Il governo provvisorio aveva tentato di dare inizio alla sua propria risposta all'antisemitismo. A metà settembre, il governo aveva approvato una risoluzione che prometteva di prendere «le misure più drastiche contro tutti i progromisti.» Una dichiarazione simile rilasciata due settimane più tardi aveva ordinato che i ministri del governo di usare «tutti i poteri a loro disposizione» per fermare i progrom. Tuttavia, con il trasferimento già in corso del potere ai soviet, l'autorità del governo provvisorio era già in corso di disintegrazione. Un editoriale del giornale pro-governativo "Russkie Vedomosti". del 1°ottobre, descriveva bene la situazione: «L'ondata di pogrom cresce e si espande... arrivano giornalmente montagne di telegrammi... il governo provvisorio ne è soffocato... l'amministrazione locale è impotente a fare qualsiasi cosa... I mezzi di coercizione sono del tutto esauriti.»
Non così con i soviet. Mentre la crisi politica si approfondiva ed il processo di bolscevizzazione continuava a svilupparsi, gruppi di soviet delle provincie mettevano in piedi la loro propria campagna contro l'antisemitismo. A Vitebsk, una città 350 miglia ad ovest di Mosca, ai primi di ottobre, il soviet locale aveva formato un'unità militare per proteggere la città dai progromisti. La settimana successiva, il sovier di Oryol approvava la risoluzione di prendere le armi contro tutte le forme di violenza antisemita.
Nell'estremo oriente russo, un meeting dei soviet di tutta la Siberia ha emesso una risoluzione contro l'antisemitismo, dichiaranche che il locale esercito rivoluzionario prenderà «tutte le misure necessarie» per prevenire qualsiasi progrom. Questo ha rivelato quanto fosse profondamente radicata la lotta contro l'antisemitismo dentro le sezioni del movimento socialista organizzato: anche nel lontano oriente, dove c'erano relativamente pochi ebrei, ed ancor meno progrom. i soviet locali si identificavano con gli ebrei del fronte occidentale che soffriva a causa degli antisemiti.
A metà del 1917, i soviet erano diventati senza dubbio la principale opposizione politica all'antisemitismo in Russia. Un editoriale del quotidiano "Evreiskaia Nedelia" ("la Settimana Ebraica") catturava bene tutto questo: «Va detto, e non dobbiamo dare il nostro contributo, i soviet hanno condotto un'energica battaglia contro [i progrom]. In molti luoghi, è stato solo grazie alla loro forza che la pace ha potuto essere ripristinata.»
Vale la pena notare, tuttavia, che queste campagne contro l'antisemitismo erano rivolte ai lavoratori nelle fabbriche e talvolta ad attivisti che erano parte dell'ampio movimento socialista. In altre parole, l'antisemitismo era stato identificato come un problema interno alla base sociale della sinistra radicale, ed anche all'interno di sezioni dello stesso movimento rivoluzionario. Ciò che questo rivelava, naturalmente, è che l'antisemitismo non emanava semplicemente da "sopra", da quello che era l'impianto zarista; ma aveva una base organica all'interno di sezioni della classe operaia, e doveva essere affrontato in quanto tale.

Il Nemico Interno
Per la leadership bolscevica, la politica rivoluzionaria non era semplicemente incompatibile con l'antisemitismo; erano antitetiche. Come titolo sulla prima pagina del principale giornale del partito, la Pravda aveva messo nel 1918: «Essere contro gli ebrei vuol dire essere per lo zar!» Sarebbe stato però un errore prendere le dichiarazioni di Lenin e di Trotsky sull'antisemitismo e "leggerle" come se fossero i pensieri e i sentimenti della base del partito. Come hanno dimostrato gli avvenimento del 1917, non sempre la rivoluzione e l'antisemitismo si trovavano in conflitto.
I resoconti dei giornali dell'estate e dell'autunno del 1917 rivela che i bolscevichi locali venivano frequentemente accusati dagli altri socialisti di tenere vivo l'antisemitismo e qualche volta anche di proteggere gli antisemiti all'interno della base sociale del partito. Per esempio, secondo il giornale di Georgii Plekhanov, "Edinstvo", quando i menscevichi cercarono di parlare nelle caserme di Mosca, o nella regione d
Vyborg, o a Pietrogrado, a metà giugno, i soldati, a quanto pare istigati dai bolscevichi, gridarono «Basta! Sono tutti ebrei"» Andrebbe osservato che a metà del 1917 Plekhanov era ossessivamente antibolscevico, perciò la fonte andrebbe presa con precauzione.
Tuttavia, questo genere di notizie erano molto diffuse. In quello stesso periodo, il giornale menscevico, Vpered, riferiva che i bolscevichi a Mosca avevano gridato contro i menscevichi, accusandoli di essere "ebrei" che "sfruttavano il proletariato". Quando centinaia di migliaia di lavoratori, il 18 giugno, scendevano nelle strade di Pietrogrado, alcuni bolscevichi riferivano che avevano strappato le bandiere bundiste ed avevano gridato slogan antisemiti. In risposta, il "Bundist Mark Liber" aveva accusato i bolscevichi di essere addirittura a favore dei progrom.
Arrivato ottobre, simili accuse divennero più frequenti. Nell'edizione del 21 ottobre del "Evreiskaia Nedelia", un editoriale arrivò a sostenere che gli antisemiti dei "Black Hundreds" stavano riempendo i ranghi dei bolscevichi" in tutto il paese.
Simili affermazioni erano evidentemente fuorvianti. La leadership bolscevica si opponeva all'antisemitismo e molti degli appartenenti al partito ebbero parte nello sviluppare la risposta della sinistra all'antisemitismo nelle fabbriche a livello dei soviet. Tuttavia, la nozione per cui il bolscevismo poteva fare appello agli antisemiti di estrema destra non era del tutto priva di sostanza. Il 29 ottobre, un sorprendente editoriale del giornale antisemita di estrema destra, "Groza" ["Tempesta"] dichiarava:

«I bolscevichi hanno preso il potere. L'ebreo Kerensky, lacchè dei banchieri inglesi e del mondo, avendo assunto senza vergogna il titolo di comandante in capo delle forze armate ed essendosi nominato Primo Ministro dello Regno Zarista Russo Ortodosso, verrà spazzato via dal Palazzo d'Inverno, dove ha dissacrato con la sua presenza i resti del Conciliatore Alessandro II. Il 25 Ottobre, i bolscevichi hanno unificato tutti i reggimenti che hanno rifiutato di sottomettersi ad un governo composto di banchieri ebrei, generali traditori, proprietari terrieri proditori, e mercanti ladri.»
Il giornale venne immediatamente chiuso dai bolscevichi, ma lo sgradito supporto aveva allarmato la leadership del partito.

Quello che era stato sottolineato dalla moderata preoccupazione socialista circa la capacità dell'antisemitismo e della rivoluzione di sovrapporsi, era il modo in cui i bolscevichi mobilitavano le masse, e incanalavano il risentimento di classe. Il 28 ottobre, quando la rivoluzione era in piena flessione, il Comitato Elettorale dei Menscevichi di Pietrogrado aveva emanato un disperato appello ai lavoratori della capitale, in cui li mettevano in guardia rispetto al fatto che i bolscevichi avevano sedotto «i lavoratori e i soldati ignoranti» e che il grido «Tutto il potere ai soviet!» si sarebbe facilmente trasformato in «Colpisci gli ebrei, colpisci i bottegai.» Per il menscevico L’vov-Rogachevskii, la "tragedia" della rivoluzione russa consiste nel fatto apparente che «le masse oscure sono incapaci di distinguere il provocatore dal rivoluzionario, o il progrom contro gli ebrei da una rivoluzione sociale.»
La stampa ebraica riporta queste preoccupazioni. Secondo un articolo di fondo pubblicato sulla "Evreiskaia Nedelia", «il compagno Lenin ed i suoi bolscevichi esortano il proletariato a "trasformare le loro parole in azione"(pereiti ot slovo k delu), ma dovunque si radunano le fosse slave, la trasformazione delle "parole in azione", in realtà, "colpisce gli ebrei".»
Tuttavia, contrariamente a queste predizioni allarmiste, nelle ore e nei giorni immediatamente seguenti alla conquista del potere da parte dei bolscevichi, non ci furono progrom di massa nella Russia interna. L'insurrezione non si tradusse nella violenza antisemita che era stata predetta. Quello che rivelavano gli avvertimenti citati diceva solo quanto radicata profondamente fosse la paura delle "masse oscure" nelle sezioni della sinistra socialista che sosteneva di parlare in loro nome. Ciò era vero soprattutto per gli intellettuali, che in generale si avvicinavano al concetto di rivolta proletaria con l'orrore dovuto alla violenza e alla barbarie, che ritenevano inevitabili come conseguenza.
Ciò che definiva i bolscevichi durante questo periodo era proprio questa loro vicinanza alle masse di Pietrogrado che così tanto spaventava gli intellettuali.
Tuttavia, il sovrapporsi dell'antisemitismo e della politica rivoluzionaria era reale. Solo pochi giorni dopo la Rivoluzione di Ottobre, lo scrittore Ilia Ehrenburg - che sarebbe diventato ben presto uno dei più prolifici e noti autori ebrei in Unione Sovietica - si fermò a riflettere sugli avvenimenti importanti che erano appena avvenuti. La narrazione che ne fa, è forse la descrizione più vivida di come era stato coniugato il rapporto fra l'antisemitismo ed il processo rivoluzionario del 1917:

«Ieri ero in fila, aspettando di votare per l'Assemblea Costituente. Le persone dicevano "Chiunque è contro gli ebrei, voti per il numero 5! [i bolscevichi]", "Chiunque è a favore della rivoluzione mondiale, voti per il numero 5!". Passò un patriarca, spruzzando acqua santa; tutti si tolsero il cappello. Un gruppo di soldati cominciò a cantare l'Internazionale, rivolta a lui. Dove mi trovo? O forse questo è davvero l'inferno?»
In questo sorprendente racconto, la distinzione fra bolscevismo rivoluzionario e antisemitismo controrivoluzionario è sfocata. Infatti, il racconto di Ehrenburg prefigura l'ossessiva domanda che perseguita Isaac Babel e che sarebbe stata posta dalle storie dell'Armata a Cavallo: «qual è la rivoluzione e qual è la controrivoluzione?»
Nonostante l'insistenza dei bolscevichi nel definirlo come un fenomeno puramente "controrivoluzionario", l'antisemitismo sfugge ad una tale netta categorizzazione, e può essere trovato nello spettro della suddivisione politica, in forme altamente complesse ed inaspettate. Questo sarebbe emerso sei mesi dopo in maniera più evidente, nella primavera del 1918, quando nelle ex "Zone di Residenza" ebbero luogo i primi pogrom successivi alla Rivoluzione d'Ottobre. Nei villaggi e nelle città del nord-est dell'Ucraina - come Glukhov - il potere bolscevico si era consolidato attraverso la violenza anti-ebraica esercitata da parte dei quadri locali del partito e dalla guardie rosse. Nel 1918, il conflitto bolscevico con l'antisemitismo, era quindi assai spesso uno scontro con l'antisemitismo della sua stessa base sociale.
Mentre cade il centenario della Rivoluzione d'Ottobre, che celebriamo giustamente come un momento di trasformazione sociale radicale, quando un mondo nuova sembrava possibile. Ad ogni modo, la rivoluzione dovrebbe essere ricordata anche secondo tutte le sue complicazioni.
L'antirazzismo dev'essere coltivato e tenuto vivo, continuamente. Un secolo dopo, mentre siamo alle prese con i danni che il razzismo ha fatto nei confronti della politica di classe, il 1917 ci può dire molto su come le idee reazionarie producono degli effetti, ma anche su come esse possono essere affrontate e combattute.

- Brendan McGeever - Pubblicato il 22 giugno 2017 su Jacobin -

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